Mortalità materna in Italia
Serena Donati - Reparto salute della donna e delletà evolutiva del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità e responsabile scientifico del progetto
In Italia, il rapporto di mortalità materna, attraverso il flusso informativo corrente, è notevolmente sottostimato e presenta forti disuguaglianze per area geografica. È quanto è emerso dalle conclusioni del progetto “Studio delle cause di mortalità e morbidità materna e messa a punto di modelli di sorveglianza della mortalità materna”, finanziato dal ministero della Salute, affidato al reparto Salute della donna e delletà evolutiva del Cnesps
e realizzato in collaborazione con le Regioni Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia.
Lo studio aveva lobiettivo di rilevare le morti materne e i casi di grave morbosità materna (near miss) nelle Regioni partecipanti attraverso il collegamento tra le banche dati dei certificati di morte e quelle delle schede di dimissione ospedaliera, di descrivere le principali cause di morbidità e mortalità materna e di mettere a punto un modello prototipale di sorveglianza della mortalità materna che potesse essere implementato in Italia e in altri Paesi comunitari con il supporto dellOms.
I risultati del progetto sono stati presentati in occasione del convegno “Mortalità e morbosità materna in Italia: stato dellarte e prospettive di miglioramento della rilevazione”, tenutosi presso lIss il 25 maggio 2010. Scarica il programma (pdf 53 kb).
Lincidenza del fenomeno
Lindicatore di esito più frequentemente utilizzato per rilevare le morti materne è il rapporto di mortalità materna (numero di morti materne per anno, per 100.000 nati vivi).
Anche in Italia, come negli altri Paesi industrializzati, lo studio di record-linkage tra le schede dei registri di mortalità (Rem) e le schede di dimissione ospedaliera (Sdo
) ha confermato che le informazioni relative alla mortalità materna raccolte attraverso i soli certificati di morte sottostimano landamento del fenomeno. Questa sottostima nei Paesi europei si aggira tra il 20 e il 60-70%.
In Italia, la sottostima nelle Regioni coinvolte nello studio sulla mortalità (Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Sicilia), che complessivamente coprono il 38% della popolazione femminile in età riproduttiva del Paese, risulta pari al 75% rispetto al dato nazionale rilevato attraverso il flusso informativo dei certificati di morte elaborati dallIstat.
La sottostima non dipende da unerrata rilevazione da parte dellIstat, ma dal fatto che i certificati di morte non sono in grado di rilevare il fenomeno in maniera completa. Ciò è dovuto alla complessità della definizione di morte materna che comprende non solo la registrazione del decesso di una donna durante la gravidanza o il parto, ma anche di quelli avvenuti entro 42 e 365 giorni dal termine della gravidanza, a prescindere dal suo esito.
Se il dato nazionale Istat riporta circa 3 casi di morte ogni 100.000 nati vivi, il valore medio calcolato per le Regioni partecipanti al progetto è pari a 11,9 con una grande variabilità regionale. I valori più bassi sono stati registrati al Nord e in Toscana con 8 decessi ogni 100.000 nati vivi, e quelli più alti man mano che si procede verso Sud: 13 nel Lazio e 22 in Sicilia.
La metodologia dello studio
Nelle Regioni partecipanti sono state identificate le morti materne delle donne residenti attraverso procedure di record-linkage tra i registri di mortalità e le schede di dimissione ospedaliera (Sdo). Per ogni donna deceduta in età riproduttiva (15-49 anni) è stato verificato se, nei 365 giorni precedenti il decesso, la donna fosse stata ricoverata per gravidanza o per suoi possibili esiti (gravidanza ectopica, aborto volontario o spontaneo, parto) grazie alla banca dati Sdo. Questa procedura ha consentito di identificare tutti i casi in eccesso oltre a quelli segnalati allIstat attraverso il certificato di morte e di valutare la sottostima del fenomeno.
Sono stati calcolati i rapporti di mortalità entro 42 giorni dallesito di gravidanza e quelli tra 43 e 365 giorni (morti tardive). Sono stati calcolati anche i rapporti specifici per età della madre, per modalità di espletamento del parto, per cittadinanza e per livello di istruzione della madre. Si è inoltre proceduto a definire le cause associate alle morti materne distinte in dirette e indirette in base alla classificazione ICD-10.
Per quanto attiene lo studio dei near miss sono state analizzate le Sdo di tutte le donne in età riproduttiva ricoverate in terapia intensiva per identificare i casi associati alla gravidanza e/o a un suo possibile esito. I dati relativi ai near miss sono stati raccolti in 6 Regioni (Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia) che complessivamente raccolgono il 48% delle donne in età riproduttiva residenti in Italia. Per ogni near miss identificato sono state rilevate le cause associate attraverso i codici Sdo.
I risultati
Lo studio ha permesso di rilevare la sottostima del rapporto di mortalità materna nelle regioni partecipanti dimostrando che il problema ha una portata maggiore di quella che si poteva sospettare attraverso il dato Istat e che esiste una forte disuguaglianza per area geografica e per Regione. Lo studio delle cause associate ha anche permesso di identificare alcuni fattori di rischio per near miss e morte materna.
I principali risultati indicano che sono esposte a un maggior rischio di morte materna le donne che:
- hanno una età pari o superiore a 35 anni. I risultati dello studio hanno evidenziato che il rischio di mortalità materna in queste donne raddoppia rispetto alle classi di età più giovani. Questo dato concorda con la letteratura internazionale, secondo cui allaumentare delletà materna aumenta il rischio di mortalità materna per gravidanza, parto o altro esito. Nel 2007, la proporzione di nascite in donne di 35 o più anni in Italia era pari al 29%, mentre nel 1981 era appena del 9%
- si sottopongono a taglio cesareo, rispetto a quante partoriscono mediante parto spontaneo. Laumento di rischio rilevato è pari a 3 volte quello associato al parto spontaneo. Nonostante parte dellaumento di rischio sia imputabile alla condizione che ha reso opportuno lindicazione al cesareo, lintervento rimane tuttavia un fattore di rischio indipendente. La ricaduta nel nostro Paese assume una particolare importanza a causa dellelevata percentuale di cesarei a livello nazionale (38,4% nel 2008) e della grande variabilità per area geografica e per tipologia di punto nascita
- hanno una nazionalità straniera. In Italia, il 10% dei nati nasce da genitori stranieri: le donne migranti sono giovani, iniziano a fare figli prima delle italiane e hanno un numero medio di figli pari a 2,5 contro l1,2 delle italiane. Le principali cause di ricovero ospedaliero tra le donne straniere in Italia è ascrivibile alla gravidanza o ai suoi possibili esiti
- hanno un basso livello di istruzione (uguale o inferiore alla licenza media inferiore). Questo dato, disponibile solo per la Regione Lazio, conferma che le categorie socialmente svantaggiate sono a maggior rischio di esiti peggiori.
Cause di mortalità materna e “near miss”
Lo studio ha evidenziato una maggiore frequenza delle morti dirette, cioè quelle imputabili a complicazioni ostetriche, rispetto alle morti indirette, secondarie a complicazioni di patologie preesistenti o insorte durante la gravidanza. Le cause più frequenti delle morti dirette sono le emorragie, le tromboembolie e i disordini ipertensivi della gravidanza. Per quanto riguarda le cause dirette, la letteratura descrive un ampio margine di evitabilità stimato intorno al 50%. Questo ampio margine di evitabilità lascia intravedere notevoli potenzialità di intervento anche nel nostro Paese e giustifica limportanza del tema in termini di salute pubblica.
La parte dello studio dedicata alla rilevazione dei cosiddetti “near miss”, cioè i casi di donne che in gravidanza hanno sviluppato una condizione morbosa grave che le ha esposte a pericolo di morte senza che si verificasse il decesso. Anche le cause associate ai near miss sono le emorragie e i disordini ipertensivi della gravidanza. Lo studio ha rilevato un rischio maggiore per le donne di età ?35 anni, per quelle che sono state sottoposte a taglio cesareo e per le donne di nazionalità straniera e di basso livello di istruzione in analogia a quanto osservato per le morti materne.
La proposta dellIss
Tra gli elementi più critici associati ai casi di morbosità grave e mortalità materna sono stati identificati: la comunicazione tra gli operatori sanitari, la tempestività della diagnosi e lappropriatezza dellintervento e della terapia.
Lo studio di record-linkage ha dimostrato che le cause associate alle morti materne, come pure ai “near miss”, hanno un ampio margine di evitabilità e che occorre attivare un sistema di rilevazione alternativo rispetto a quello basato sui soli certificati di morte che consenta di effettuare delle indagini confidenziali approfondite sui singoli casi incidenti in modo da comprenderne le cause associate e i fattori di rischio e promuovere il miglioramento della pratica clinica al fine di ridurre gli eventi avversi.
LIss propone, pertanto, di coordinare lattivazione di una raccolta prospettica dei dati attraverso un sistema di sorveglianza attivo delle morti materne che consenta di:
- rilevare prospetticamente tutti i casi incidenti di morte materna
- esaminare i casi attraverso indagini confidenziali
- rilevare eventuale substandard care.
Alla proposta di realizzare un progetto pilota hanno già risposto affermativamente le Regioni che hanno partecipato al progetto. Lobiettivo è mettere a punto un modello di sorveglianza e verificarne la fattibilità e la validità prima di allargarlo allintero contesto nazionale.
Hanno collaborato al progetto
:
Serena Donati*, Sabrina Senatore*, Alessandra Ronconi* e il gruppo di lavoro mortalità materna Iss-Regioni°
* Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute, Istituto superiore di sanità
° Vittorio Basevi, Veronica Casotto, Achille Cernigliaro, Gabriella Dardanoni, Martina De Nisi, Domenico Di Lallo, Valeria Dubini, Camilla Lupi, Luisa Mondo, Silvano Piffer, Renato Pizzuti, Arianna Polo, Raffaella Rusciani, Michele Santoro, Maurizio Saporito, Daniela Spettoli, Eleonora Verdini.
Risorse utili
- la scheda del progetto Ccm “Studio delle cause di mortalità e morbilità materna e messa a punto di modelli di sorveglianza della mortalità materna”
- il programma del convegno del 25 maggio 2010 (pdf 53 kb)
- la pagina del reparto Salute della donna e dell'età evolutiva dellIss
- lapprofondimento di EpiCentro “Salute materna e neonatale: progressi raggiunti e strategie di intervento”
- l'approfondimento di EpiCentro "I risultati di uno studio Iss su mortalità e morbosità materna in Italia"
- la sezione del sito del ministero della Salute dedicata al percorso nascita
- la pagina del ministero della Salute dedicata ai progetti del Ccm sulla salute delle donne
- il documento “Verso un piano di azioni per la promozione e la tutela della salute delle donne e dei bambini” (pdf 397 kb). Ministero della salute, 2007.