Ica: informazioni generali

A seguire presentiamo gli aspetti caratterizzanti delle infezioni correlate all'assistenza e un glossario (pdf 70 Kb) della terminologia più frequentemente utilizzata in ambito Ica.

Cosa sono le Ica

Le infezioni correlate all‘assistenza sono infezioni acquisite in ospedale o in altri ambiti assistenziali (struttura residenziale di lungodegenza, ambulatorio, centro di dialisi, day-surgery, domicilio), correlate all‘episodio assistenziale (cioè non clinicamente manifeste o in incubazione al momento dell‘inizio dell‘episodio assistenziale stesso). Interessano prevalentemente i pazienti, ma più raramente possono interessare anche operatori sanitari, studenti, personale di assistenza volontario.

Principali caratteristiche delle Ica

  • includono una grande varietà di complicanze infettive accomunate dall‘associazione esistente con uno specifico episodio assistenziale
  • la classificazione di una infezione come correlata all‘assistenza si basa esclusivamente sul rapporto temporale esistente tra infezione e episodio di assistenza
  • alcune infezioni insorgono frequentemente dopo la dimissione dall‘ospedale (infezioni della ferita chirurgica, infezioni neonatali, mastiti materne, infezioni da impianto di corpi estranei, epatiti)
  • includono infezioni esogene (trasmesse dall‘esterno) ed infezioni endogene (flora endogena del paziente)
  • includono infezioni prevenibili e infezioni non prevenibili allo stato attuale delle conoscenze
  • non includono le semplici colonizzazioni (presenza di microrganismi sulle superfici cutanee o mucose in assenza di segni clinici di malattia o di risposta immunologica).

Quanto sono frequenti e prevenibili le Ica

Nel panorama dei potenziali rischi per la sicurezza del paziente attribuibili all‘assistenza sanitaria, giocano un ruolo di primo piano, perché sono frequenti, hanno un elevato impatto clinico ed economico e perché possono essere evitate adottando misure di provata efficacia. Questi i principali dati epidemiologici sulle infezioni correlate all‘assistenza:

  • la frequenza con cui compare una complicanza infettiva è mediamente pari a 5-10% in pazienti ricoverati in ospedale, a 5% in pazienti residenti in strutture per anziani ed a 1% in pazienti assistiti a domicilio
  • il 5-10% delle complicanze infettive si manifesta in modo epidemico
  • sono sempre più frequenti le infezioni sostenute da microrganismi resistenti agli antibiotici
  • per le sepsi e le polmoniti si stima una mortalità attribuibile pari a 20-30%
  • su 100 infezioni associate all‘assistenza sanitaria in media il 20% sono prevenibili, con significative differenze a seconda del tipo di infezione e del contesto (la frazione prevenibile varia da 10 a 70% nei diversi studi).

Di quali infezioni si tratta

Le tipologie di infezioni più frequenti, che nell‘insieme rappresentano l‘80% circa di tutte le infezioni osservate, sono:

  • le infezioni del tratto urinario
  • le infezioni del sito chirurgico
  • le infezioni dell‘apparato respiratorio
  • le infezioni sistemiche (sepsi, batteriemie).

Le più frequenti sono le infezioni urinarie, che da sole rappresentano il 30-35% di tutte le infezioni correlate all‘assistenza. L‘importanza relativa di ciascuna localizzazione di infezione varia però nel tempo, in diversi ambiti assistenziali e in diversi sottogruppi di pazienti. Le infezioni sistemiche stanno diventando via via più frequenti, come conseguenza di un graduale aumento dei fattori di rischio responsabili di queste infezioni, quali le condizioni di rischio intrinseco del paziente, l‘uso di antibiotici e del ricorso al cateterismo intravascolare.

I principali fattori di rischio

Numerosi fattori possono aumentare il rischio di contrarre un‘infezione correlata all‘assistenza, tra i quali i principali sono l‘esposizione a procedure invasive diagnostiche o terapeutiche e la presenza di condizioni o malattie che aumentano la suscettibilità alle infezioni. L‘esposizione a procedure invasive aumenta il rischio di complicanze infettive per:

  • l‘accesso diretto dei microrganismi ad aree del corpo normalmente sterili
  • moltiplicazione dei microrganismi per le condizioni favorevoli che si determinano (presenza di materiali plastici, di liquidi, creazione di nicchie ove i microrganismi possono crescere)
  • contaminazione dei presidi stessi durante la produzione o al momento dell‘uso (mani del personale).

Consulta la scheda (pdf 24 Kb) delle procedure invasive, le infezioni correlate e le condizioni che possono alterare le difese dell'ospite.

I microrganismi responsabil

Qualsiasi microrganismo può essere responsabile di infezioni correlate all‘assistenza e molte infezioni sono polimicrobiche. Fino ad alcuni anni fa, la maggior parte delle infezioni ospedaliere era sostenuta da batteri gram-negativi; negli ultimi anni è, invece, progressivamente aumentata la frequenza di gram-positivi (in particolare stafilococco aureo, stafilococchi coagulasi-negativi ed enterococchi) e di infezioni sostenute da funghi. Quello della selezione di ceppi resistenti agli antibiotici è un problema in costante aumento. È un problema a livello mondiale e interessa sia le infezioni correlate all‘assistenza che le infezioni acquisite in comunità. In ambito ospedaliero, soprattutto in alcuni reparti, è un problema molto serio, per la progressiva selezione di ceppi con resistenze multiple, che rendono molto difficile il trattamento delle infezioni.

Stato dei programmi di sorveglianza e controllo in Italia

In Italia non esiste un sistema di sorveglianza delle infezioni, anche se numerosi studi di prevalenza e di incidenza, che hanno interessato tutto l‘ospedale o alcuni reparti a rischio, hanno riportato una frequenza di infezioni ospedaliere paragonabile a quella rilevata nei Paesi anglosassoni, se non, in alcuni casi, superiore. Sulla base delle indicazioni della letteratura e degli studi multicentrici effettuati in questi anni, si può stimare che in Italia il 5-8% dei pazienti ricoverati contragga un‘infezione ospedaliera: si può, quindi, stimare che ogni anno, in Italia, si verifichino dalle 450 mila alle 700 mila infezioni in pazienti ricoverati in ospedale, soprattutto infezioni urinarie, seguite da infezioni della ferita chirurgica, polmoniti e sepsi.

Poiché le infezioni ospedaliere potenzialmente prevenibili rappresentano il 30% circa di quelle insorte, si può stimare che ogni anno vi siano fra le 135 mila e le 210 mila infezioni prevenibili, e che queste siano causa del decesso nell‘1% dei casi (dai 1350 ai 2100 decessi circa prevenibili in un anno). Il Progetto europeo di sorveglianza delle infezioni resistenti (Earss) ha evidenziato, inoltre, che l‘Italia sia uno dei Paesi europei con la proporzione più elevata di infezioni sistemiche sostenute da Staphylococcus aureus meticillina-resistente (Mrsa ) su tutte le infezioni sistemiche da Staphylococcus aureus. Questo microrganismo ha origine prevalentemente ospedaliera e la frequenza di infezioni sistemiche da Mrsa viene utilizzata da diversi Paesi come indicatore di trasmissione di infezioni nelle organizzazioni sanitarie.

Non tutte le complicanze infettive dell‘assistenza sanitaria, allo stato attuale delle conoscenze, sono prevenibili. Vi sono, però, conoscenze consolidate su pratiche “sicure” nell‘assistenza al paziente, in grado di ridurre significativamente il rischio di contrarre un‘infezione nel corso dell‘assistenza sanitaria. Sistemi in grado di assicurare l‘adozione nella pratica di comportamenti professionali “sicuri” sono in grado di ridurre in modo significativo il rischio per il paziente di contrarre una infezione (in alcuni studi fino al 70%). Nel 1985 la Circolare Ministeriale n.52 ha raccomandato l‘istituzione di programmi regionali di controllo e l‘avvio in ciascun presidio ospedaliero di un programma di controllo delle infezioni ospedaliere che prevedesse l‘istituzione del Comitato di controllo, la definizione di un gruppo operativo composto da medici e infermieri e l‘istituzione della figura della Infermiera addetta al controllo delle infezioni ospedaliere (Ici). La Circolare n.8 del 1988 ha definito i metodi di sorveglianza da adottare ed un rapporto posti letto/infermiere addetto al controllo delle infezioni (Ici) di 250-400 per ogni figura infermieristica a tempo pieno. Il Piano sanitario nazionale del 1998-2000 ha incluso la prevenzione delle infezioni ospedaliere tra gli obiettivi prioritari di salute, indicando l‘esistenza di un programma di controllo (basato sul Comitato, la disponibilità di personale addestrato e di protocolli e procedure scritte) quale criterio per l‘accreditamento delle strutture; tale obiettivo è stato ripreso dal Psn 2002-2004.

Un‘indagine nazionale, coordinata dall‘Istituto superiore di sanità nel 2000, ha evidenziato una diffusione insufficiente dei programmi di controllo delle infezioni ospedaliere, anche considerando solo i requisiti minimi previsti dalla normativa esistente (Comitato di controllo, figura infermieristica addetta): le carenze sono più marcate negli ospedali di piccole dimensioni e in alcune Regioni centro-meridionali. In particolare, solo il 50% degli ospedali rispondenti aveva un Comitato di controllo in attività, solo un terzo un figura infermieristica addetta, solo 1 ospedale su 5 sia il Comitato che il medico e l‘infermiera referenti. Esiste una notevole variabilità tra Regioni nelle modalità di attuazione dei programmi: gli ospedali più attivi sono prevalentemente collocati in Regioni che hanno definito programmi di intervento regionali.

Ultimo aggiornamento: 
31 gennaio 2008